Con il termine “funnel marketing” si definiscono normalmente le azioni finalizzate ad attrarre utenti e coinvolgerli al punto da trasformarne il più possibile in clienti (fidelizzati, se possibile). Da questo punto di vista, l’esigenza rimane oggi invariata: l’obiettivo è riuscire a catalizzare interesse verso un prodotto o un servizio, in modo da conquistare fette di mercato.
Il contesto in cui ci muoviamo, però, cambia alla velocità della luce, e oggi i consumatori non sono facilmente “intrappolabili” in percorsi obbligati e predefiniti. Con l’accesso sempre più capillare alla tecnologia, ricercare informazioni è diventato istintivo e naturale. Lo facciamo continuamente, per qualsiasi decisione di acquisto: dall’esplorazione generica, alla ricerca di un’idea, sino all’individuazione della migliore offerta disponibile online o offline. Per questo è necessario rivedere i modelli di marketing basati sugli imbuti (funnel marketing), in quanto oggi i punti di accesso e di contatto sono tantissimi e non si sviluppano più unicamente su percorsi lineari.
Chiunque oggi è abituato ad avviare una ricerca online, partendo da una curiosità o dall’esigenza di soddisfare un bisogno, e a terminarla, anche da un dispositivo diverso da quello usato inizialmente, con un acquisto online o con la visita in un negozio.
Gli elementi di cui è necessario tenere conto sono diversi:
- farsi trovare dal nostro potenziale cliente in ciascuno dei momenti topici del suo percorso decisionale, dalla scoperta all’acquisto.
- I punti di contatto, così come i dispositivi che possono essere usati per le ricerche, possono essere diversi tra loro, pur facendo capo ad un utente unico; monitorarli e attribuirli correttamente è l’unico modo per poter organizzare dati eterogenei e comprendere come distribuire il budget a disposizione.
- I percorsi possibili sono così numerosi in termini di combinazioni, che oggi è diventato vitale automatizzare tutto ciò che riguarda l’operatività, ricavando risorse utili per definire e ottimizzare la strategia.
- Il cliente avrà necessità diverse in base al momento in cui entrerà in contatto con noi: inizialmente cercherà informazioni, poi opportunità, poi convenienza e, infine, coinvolgimento e autorevolezza. Pensare di poter rinunciare al presidio di uno qualsiasi di questi momenti, significa lasciare spazio ad altri “giocatori”, che potrebbero conquistare il punto.
In passato era più semplice progettare percorsi lineari
In passato era più semplice progettare percorsi lineari che prendevano per mano un utente, dalla scoperta all’azione. Oggi, un po’ per la soglia di attenzione generalmente bassa, un po’ per la semplicità con cui si possono reperire informazioni diverse (online per l’online o online per l’offline), questi percorsi sono diventati liquidi e trasversali.
La vera sfida è comprendere quali siano i touchpoint da presidiare e, una volta individuati, sviluppare il miglior modo per fornire ciò che l’utente/cliente si aspetta in quel momento.
Fare “all-in marketing” rappresenta, generalmente, un errore strategico
Fare “all-in marketing” rappresenta, generalmente, un errore strategico. Credere che sia sufficiente attivare solo una campagna adv display o mettere online solo una landing page, senza il supporto di tutto quanto possa essere necessario all’utente per trasformarlo in cliente, nella maggioranza dei casi rappresenta una perdita di tempo e denaro.
L’approccio deve essere olistico e basato su un rigoroso monitoraggio dei dati. Non esiste una formula magica capace di portare traffico, utenti qualificati e vendite online o offline.
È necessario comprendere:
- COSA attivare
- A CHI rivolgersi
- QUALI elementi produrre
- MISURARE ogni azione compiuta dal nostro pubblico
- OTTIMIZZARE di continuo strategia e operatività.
Google ha recentemente pubblicato una serie di case study proprio a dimostrazione di ciò: è diventato inutile e oneroso tentare di linearizzare comportamenti liquidi. Nello studio “How intent is redefining the marketing funnel”, Google ci dimostra appunto quanto possano essere complessi i percorsi di ricerca, di individuazione della soluzione e di acquisto degli utenti oggi online. Vengono descritte 4 storie, riguardanti altrettanti “casi-tipo” di ricerche diverse, per prodotti o servizi differenti.
Parte da una ricerca molto generica su Google: “Qual è un buon make-up anallergico” e, nel corso del suo “customer journey”, il suo viaggio alla ricerca della soluzione al problema, via via acquisisce informazioni che le servono per affinare la qualità delle domande da porre successivamente al motore di ricerca.
Tra una ricerca e l’altra, Jill approfondisce l’argomento anche attraverso la visione di video su YouTube, per poi approdare infine in un negozio specifico, indirizzata da una ricerca su Google Maps di una nota catena di cosmetici, incentivata dal programma fedeltà offerto.
Sarebbe stato sufficiente quest’ultimo touchpoint, il programma fedeltà, per portare Jill in negozio? O sarebbe bastato farsi trovare solo al primo stadio della ricerca?
La stessa complessità dei percorsi decisionali viene raccontata anche attraverso le altre 3 storie.
Justin, 19 anni, partendo dal mal di testa, arriva a capire di aver bisogno di un determinato modello di cuffie, capaci di ridurre il rumore circostante. La sua scelta ricade sul prodotto di una marca specifica, ma solo dopo aver consultato le recensioni disponibili online. In questo caso, la ricerca culmina con un acquisto online, fatto da pc desktop.
Ava, 28 anni, ci offre un ulteriore spunto di riflessione. Nel moderno scambio continuo di informazioni, che genera sempre nuove domande, una ricerca può non concludersi con l’acquisto di un servizio (come in questo caso). Ava, infatti, dopo aver cercato la migliore tariffa per acquistare un volo aereo, inizia una successiva fase di ricerca: dimensioni consentite per i bagagli, informazioni sui visti, passaporto, attrazioni turistiche, ecce… Con la sua ricerca, arriva a toccare oltre 500 touchpoint, partendo da “tour guidati all inclusive in Irlanda” a “come contattare la compagnia aerea A al telefono”.
Lo studio si conclude con l’ultimo esempio, apparentemente tradizionale nella struttura lineare della ricerca delle informazioni, ma degno di nota perché, anche in questo caso, vengono coinvolti molteplici punti di contatto prima di arrivare a una conclusione.
Sarah, 24 anni, era alla ricerca di una semplice barretta di cioccolato. Come anticipato, sebbene all’apparenza questa sia una ricerca lineare che vede Sarah passare dalla scoperta, alla considerazione, sino all’intenzione di acquisto, il suo percorso è intervallato da molteplici ricerche non direttamente correlate al prodotto che alla fine comprerà. Sarah, nel suo iter di scoperta, prende in considerazione prima l’idea di acquistare il cioccolato online, poi ricerca informazioni sulla logistica, sulle spedizioni verso climi caldi e, alla fine, decide di cercare un rivenditore nella sua città di quella specifica marca e di recarsi nel negozio fisico per completare l’acquisto.
Questi 4 casi rappresentano situazioni tipiche sull’aumento dei momenti di contatto tra brand/merchant e consumatore/cliente. Saper sviluppare una strategia di marketing bilanciata, fatta di contenuti, adv, punti diretti di contatto, ma anche automation, data-driven e reattività nell’adattamento della stessa, può, dalle evidenze raccolte, essere determinante e fare la differenza tra successo e fallimento.
L’analisi di Google si conclude con 3 “takeaway”, che possiamo fare nostri:
- È importante esserci. Oggi le persone si aspettano un supporto, una presenza, in ogni momento del percorso di scoperta prima e decisionale poi. Come già scritto, non essere in grado di presidiare tutti i punti di contatto può lasciare spazio alla concorrenza o farci uscire dal radar di un cliente potenziale;
- È importante essere utili. E non solo per i clienti! Riuscire ad intercettare i bisogni dei consumatori potenzialmente più redditizi, può rappresentare la differenza tra acquisire e fidelizzare clienti alto spendenti e acquisire quelli che nemmeno la concorrenza voleva;
- È importante essere tempestivi e reattivi. Per avere successo, è necessario comprendere che l’esperienza che forniamo al nostro potenziale cliente deve essere rapida e senza intoppi. Performance, velocità e mobile friendliness sono elementi chiave per essere competitivi, ma non bastano.
I punti di contatto, lo abbiamo detto, sono molteplici ed è umanamente impossibile star dietro a ciascuno di essi.
Il machine learning, le soluzioni di business intelligence e le strategie di marketing automation oggi consentono di mappare i touchpoint e, per ciascuno, implementare tutto ciò che è necessario per misurare e adattare la strategia in base al monitoraggio continuo dei risultati ottenuti.
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Saremo felici di confrontarci con te sulle best practice da seguire e sui prossimi step da intraprendere!