A fine Dicembre 2016 l’ISTAT ha pubblicato un report intitolato “Cittadini, Imprese e Nuove Tecnologie”. Questo report di 29 pagine scaricabile dal sito dell’ISTAT contiene una serie di dati molto interessanti che promuovono una serie di considerazioni sull’andamento delle tecnologie nel nostro paese.
Il nostro obiettivo è quello di commentare quanto l’ISTAT ha rilevato in merito al Commercio elettronico, con riferimento agli acquisti e alle vendite online
Con riferimento all’Agenda Digitale Europea, nel maggio del 2015 la Commissione costituita, ha adottato una strategia per un mercato unico digitale, con tre obiettivi:
- migliorare l’accesso online ai beni e ai servizi in tutta Europa sia ai consumatori finali che alle aziende;
- generare un contesto favorevole affinché reti e servizi digitali trovino un ambiente nel quale si possano sviluppare;
- raggiungere la massimizzazione del potenziale di crescita dell’economia digitale in Europa.
Dovendo lavorare per migliorare lo status quo, l’attenzione è stata posta principalmente su alcuni indicatori relativi all’ecommerce e sugli elementi che ne possono favorire lo sviluppo.
Ne emergono quindi numeri interessanti.
Dati relativi agli acquisti online:
- è incrementato, seppur di poco, il numero di persone che effettuano acquisti online, passando dal 48,7% del 2015 al 50,5% del 2016. Si tratta di individui sopra i 15 anni che navigando in Internet hanno effettuato acquisti nei tre mesi precedenti l’intervista;
- nell’ultimo trimestre del 2016 il 28,7% degli individui ha ordinato o comprato beni o servizi;
- gli uomini (54,4%), sono più propensi ad acquistare online;
- gli individui tra i 20 e i 34 anni (60,0%);
- i residenti nel Nord-Est (55,8%)
Tra coloro che hanno effettuato acquisti online negli ultimi tre mesi del 2016:
- il 13,3% ha effettuato da uno a due ordini;
- il 9,2% ha effettuato tra i tre e i cinque ordini;
- il 3,6% ha effettuato tra i sei e i dieci ordini;
- l’1,7% ha effettuato più di dieci ordini.
Tipologia di prodotti acquistati online:
- servizi bancari (41,3% degli acquirenti)
- viaggi e trasporti (40,9% degli acquirenti);
- abiti e articoli sportivi (40,2% degli acquirenti);
- poco diffusa la vendita di prodotti alimentari (8,6% degli acquirenti).
I servizi più utilizzati online sono stati quelli bancari (41,3% dei naviganti), soprattutto nella classe di età 35-44 (rappresentante il 48,7%) e quelli di pagamento (come per esempio paypal) utilizzati dal 34,4% degli utenti, con un picco tra i 20 e i 34 anni (rappresentante il 43,2%). Curioso vedere come il ricorso al web per vendere merci o servizi viene praticato dal 9,3% degli utenti (con una netta riduzione di 4 punti percentuali tra il 2015 ed il 2016).
Inoltre, nel 2016 si è accresciuto il distacco tra il Nord e il Sud, di circa 20 punti percentuali per l’online banking e di più di 10 punti percentuali per i servizi di pagamento. Pur non avendo fatto acquisti tramite il web negli ultimi tre mesi, una larga percentuale di persone, ha comunque ricercato online informazioni sulle merci o sui servizi.
Dati relativi alle vendite online
Per quanto riguarda i dati di vendita, l’Italia resta sempre piuttosto indietro rispetto alla vendita online.
- Vende online circa il 10% delle imprese;
- L’11,0% delle imprese con almeno 10 addetti sostiene di aver venduto online nel corso dell’anno precedente i propri prodotti (nel 2015 erano il 10,0%);
- Il 30,5% delle imprese con almeno 250 addetti sostiene di aver venduto online nel corso dell’anno precedente i propri prodotti;
- I valori precedenti scendono al 7,6% (nel 2015 era comunque più basso, pari al 6,7%) se consideriamo tutte le imprese che hanno effettuato vendite online per un valore pari o superiore all’1% del proprio fatturato complessivo;
- Crescono seppur di poco le aziende che vendono via web, l’8,8% (erano il 7,9% nel 2015), con una netta preferenza rispetto ad alti canali online;
- Le imprese che vendono via web, prevalentemente sono B2C (81,7% nel 2016 e 78,9% del 2015) mentre B2B o B2PA sono solo il 59,1%.
- Il 98,6% delle imprese vende via web a clienti che risiedono in Italia, il 62,4% vende a quelli che risiedono nell’Unione europea mentre il 47,0% vende a tutti gli altri;
- Il fatturato online si attesta all’8,8% del fatturato totale (mentre era il 9,2% nell’anno precedente): segmentando, parliamo del 3,1% per le imprese con 10-49 addetti, del 12,5% per le aziende con almeno 250 addetti, mentre per le imprese con 100-249 addetti, parliamo dell’11,6% (in netta discesa rispetto al 18,0% nell’anno precedente);
- Si riduce al 74,7% la presenza online delle imprese attive nell’editoria quando invece lo scorso anno era in crescita (dal 67,0 del 2014 all’82,6% del 2015);
- Cresce il settore dei servizi di alloggio, dal 62,6% al 78,3%;
- Restano ancora in fondo, per la natura del prodotto offerto, le imprese operanti nel settore delle costruzioni, che passano comunque dal 2,1% al 2,5%;
- Anche nel 2016, in termini di contribuzione delle attività economiche al valore totale degli scambi online, prendendo in considerazione le sole attività che contribuiscono per almeno l’1% del fatturato online, i settori più rappresentati riguardano la fabbricazione di mezzi del trasporto, del commercio e dei servizi di alloggio:
- nel primo caso sono coinvolte l’1,6% delle imprese che contribuiscono per il 18,3%;
- nel secondo caso sono coinvolte il 27,0% delle imprese che contribuiscono per il 26,0% del fatturato online;
- ne terzo caso il 22,3% delle imprese vende online ma contribuisce ad appena l’1,8% del fatturato online totale.
Dati si evincono anche dalla seguente tabella.
Pochi sembrano essere i benefici dalle vendite via web rispetto ai problemi riscontrati a causa di alcune difficoltà:
Parte delle imprese attive nel commercio via web ha indicato di aver incontrato alcune limitazioni alle vendite, dovute per lo più (nello specifico per il 20,2% dei casi) ai costi connessi all’avvio dell’e-commerce, ritenuti di molto superiori ai benefici attesi. Le imprese che non hanno venduto via web nel corso dell’anno precedente, hanno indicato come ostacolo principale l’inadeguatezza dei propri beni alla vendita online (si tratta del 53,2%), inoltre hanno incluso fra i fattori di rallentamento problemi legati alla gestione logistica (legati essenzialmente al trasporto, alla spedizione e alla consegna delle merci vendute via web, 29,4%), i costi di implementazione dell’ecommerce (per il 27,4% delle aziende) ed i problemi connessi ai pagamenti online (nel caso del 21,9%); e a seguire i problemi legati alla sicurezza informatica e alla protezione dei dati (con il 18,5%) fino ad arrivare al quadro legislativo vigente (corrispondente al 17,9%) come indicato nella seguente figura.
Numeri che confermano la difficolta nell’interpretare il web come una opportunità da arte delle aziende italiane. Restano poche quelle che si spostano online per sviluppare il proprio business e chi lo fa, spesso destina poca attenzione all’investimento, reputando il canale della vendita online del tutto secondario.