Cosa sono i chatbot e perchè sono stati definiti il nuovo trend del digital marketing? Conosciamo questi software super intelligenti e promettenti per scoprire quanto sono utili per fare Web Marketing
“Può una macchina pensare?” E’ con questa frase di Alan Turing che inizieremo un viaggio nel mondo dell’Intelligenza Artificiale per presentarti uno strumento di cui probabilmente conoscerai la sua esistenza e la sua utilità, ma che sino ad oggi non avresti mai preso in considerazione per impiegarlo nelle tue attività di Web Marketing: il chatbot (o chatterbot).
Prima di poter pensare di integrare questo software nel tuo sito web è opportuno che tu sappia cosa sia un chatbot e soprattutto quante potenzialità possiede per fare del buon e sano marketing digitale.
I chatbot sono in grado di formulare domande e risposte: ciò ti permette di assistere l’utente h24 e migliorare la customer experience
Torniamo alla domanda iniziale e proviamo a dare una risposta: è possibile che una macchina, o un software, possa essere in grado di esprimere un concetto in completa autonomia? Probabilmente ancora no, perché dietro ad una macchina che pensa c’è sempre la genialità dell’uomo che con i suoi strumenti decide come e quando la macchina deve pensare.
E’ ciò che succede nel caso dei chatbot, software capaci di formulare del testo o un audio secondo il linguaggio e la logica umana: ma attenzione, riescono a formularlo solo perché è l’uomo che gli “suggerisce” cosa dire e quando, e lo fa attraverso la programmazione. C’è un gran vociferare in questo periodo riguardo i chatbot, che esistono già da molti decenni, eppure solo da qualche tempo la loro diffusione in rete sta prendendo il sopravvento gettando le basi di una nuova era della comunicazione B2C e B2B. E’ il momento di soddisfare qualche curiosità su i chatbot, questo software annoverato come uno dei Top Trend del Digital Marketing nel 2018.
Cos’è un chatbot
Per capire di cosa stiamo parlando citiamone uno, probabilmente rimasto nelle menti di molti: ti ricordi di Clippy, l’impertinente graffetta di Windows che negli anni ‘90 spuntava sullo schermo per chiederti se avevi bisogno di qualcosa? Clippy, è stato uno dei primi assistenti virtuali. Aveva il compito di aiutare gli utenti ad utilizzare il sistema operativo Windows, ma i tempi non erano ancora maturi per comprendere a pieno le sue potenzialità, ed ancora c’è qualcuno che la ricorda come una graffetta fastidiosa ed invadente!
Ma cos’è un chatbot? I chatbot sono software che operano online, installati su diverse piattaforme (Sitoweb o Social Media), che per mezzo di un’interfaccia di conversazione testuale (o audio) riescono ad interagire e instaurare una comunicazione con chi c’è dall’altra parte (una persona). Il chatbot è quindi in grado di comprendere le domande dell’utente e restituirgli una risposta tanto più soddisfacente quanto è più sofisticata la sua programmazione. Ne sono esempio pratico le finestre di chat che vi si aprono di solito mentre siete intenti a navigare, esordendo con un caloroso “Ciao, come posso aiutarti?” oppure “Cerchi qualcosa in particolare?”.
I chatbot sono software capaci di elaborare una o più frasi di senso logico: in base ad input specifici, pescano fra milioni di dati ed informazioni che hanno a disposizione e costruiscono un’espressione (audio o testo)
Un chatbot formula frasi logiche, costruite secondo il linguaggio umano grazie a regole specifiche implementate nella sua programmazione: scansiona milioni di informazioni e le associa in una frase di senso compiuto. Insomma, imita le funzioni cognitive dell’uomo. L’impiego del chatbot permette di accorciare le distanze della comunicazione fra Brand e Client/User, rendendola più confidenziale e finalmente, di nuovo, bidirezionale: questa allettante prospettiva lo ha fatto entrare nel mirino di molte aziende che stanno proprio puntando ad integrarlo nella propria strategia di Marketing per questo 2018, ed alcune già sono a cavallo dell’onda.
Sulla scia di questa prospettiva, i chatbot entrano ufficialmente a far parte degli strumenti del Digital Marketing per un customer experience sempre più di valore. Scopriamo quali sono i loro vantaggi e come integrarli al meglio nella tua Digital Strategy.
Come sono nati i chatbot? C’era una volta Alan Turing…
I progressi nell’ambito dello sviluppo di chatbot sono in forte accellerazione: è esploso un vero e proprio boom. Eppure queste sperimentazioni tecnologiche esistono da parecchi anni, anzi decenni. Decenni in cui si sono susseguiti esperimenti più o meno di successo e dove esperti del settore hanno continuato a sperimentare per rendere sempre più sofisticati i linguaggi dei chatbot. La sfida adesso è quella di renderli sempre più perfetti e riuscire a dare risposte davvero esaustive anche dinnanzi a domande più complesse e specifiche. Ma chi li ha inventati? Tutto iniziò quando lo scienziato britannico Alan Turing, nel 1950, pubblicando un suo articolo “Computing Machinery and Intelligence” pose un quesito rivoluzionario che suonava un po’ come una sfida: può una macchina pensare? Certamente il suo intento fu quello di creare un dibattito fra le menti dell’epoca, e non poteva immaginare che questa sua domanda avrebbe aperto una nuova era di studi e sperimentazione che sarebbe sfociata nel campo dell’AI (Artificial Intelligence).
Il primo chatbot si chiamava Eliza. Eliza, The Doctor, fu un chatterbot realizzato da Joseph Weisenbaum nel 1966. Creato con il fine di offrire una sorta di assistenza medica per i pazienti in terapia psicologica o almeno questa era l’intento con cui il suo sviluppatore la creò. Nel 1972 fu la volta di Eliza 2, Parry, nato da una sperimentazione condotta da Kenneth Colby; già più avanzato rispetto ad Eliza perchè capace di elaborare risposte più articolate.
Sarà poi la volta di Clippy di Microsoft nei primi anni ‘90, di Cleverbot nel ‘97 e successivamente nel 2001 di Gootsman, creato dagli scienziati Vladimir Veselov, Eugene Demchenko e Sergey Ulasen. La storia più recente invece, ci indica nomi ben più conosciuti a tutti: Siri, Cortana, Alexa, assistenti virtuali di sistemi operativi quali Apple, Windows ed Amazon.
A partire dal 2016, l’era chatbot ha preso una nuova piega, dilagante e in forte accellerazione. Dal momento in cui Mark Zuckerberg ha deciso di lanciare la possibilità di integrare un chatbot nella piattaforma di Facebook Messenger per le Pagine Business. Ciò ha aperto un mondo di opportunità, per molti ancora sconosciuto.
Perchè proprio adesso, visto che queste tecnologie erano già conosciute da decenni? La risposta è che oggi i tempi sono maturi: il pubblico, anche il meno esperto in fatto di web e tecnologie, si confronta ogni giorno con piattaforme di conversazione come Whatsapp e dunque sa cosa aspettarsi da una conversazione online con un bot. L’avvento delle app di messaggistica istantanea ha permesso dunque di “istruire” anche i meno esperti sul mondo della conversazione virtuale (basti pensare che oggi anche alcuni ultrasessantenni utilizzando Whatsapp). L’audience è dunque pronta e matura ad utilizzare un Chatbot: persone che fino a qualche anno fa (prima di Whatsapp, di Messenger Fb, di Telegram ecc..) non avrebbero mai interagito con una chat virtuale oggi si ritrovano a non poterne più fare a meno. Il settore è maturo per vivere il suo exploit più grande.
Il test di Turing ed il gioco dell’imitazione
In realtà i chatbot realizzati in questi decenni sono stati tantissimi, solo alcuni sono passati alla storia perchè sono quelli che hanno superato il famoso Test di Turing. Alan Turing, nei suoi primi studi sull’Intelligenza Artificiale lanciò una sorta di test tale per cui, se una “macchina” un giorno l’avesse superato avrebbe significato che l’uomo era stato in grado di crearne una capace di imitare le funzioni cognitive dell’uomo.
Il Turing Test si ispira al gioco dell’imitazione dove, date tre persone A, B e C, C deve indovinare il sesso di A e B, posto che A avrà il compito di dare indizi fuorvianti circa la sua sessualità per indurla in errore. Le persone sono ovviamente separate e possono rivolgersi le domande indiziarie solo in forma scritta. Nel turing test, la persona A è sostituita con un chatbot: se C non capirà che A, date le sue risposte, è una macchina il test si può dire superato.
Chatbox: dove, come e perché impiegarlo
I chatbot sono stati definiti il nuovo trend del 2018 nel campo del digital marketing: cerchiamo di capire come può esserci utilissimo nel nostro business online. Oggi, anche l’user meno esperto utilizza whatsapp o simili applicazioni dove per mezzo di un’interfaccia grafica è possibile scrivere o inviare note audio in tempo reale. Il pubblico oggi sa cosa aspettarsi da una chat virtuale e sa come gestirla: semplicemente, la conosce. Ecco che la finestrella che ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto o ci pone altre domande che spunta sullo schermo del nostro dispositivo è diventata familiare: non è più una minaccia o qualcosa di sconosciuto o inutile. Si è creata l’audience.
Ma come impiegare le funzionalità di un chatbot per il proprio business? Il chatbot ha una grande potenzialità: può intrattenere ed informare l’utente come un assistente, un commesso online, solo che lo fa h24. Sempre. Inoltre, immagazzina tutte le risposte e ti permette di capire cosa cerca utente maggiormente e dunque colmare alcune lacune.
Il chatbot potrebbe rispondere a domande generiche di un utente, indirizzare le persone al tuo sito web, proporre prodotti e dare suggerimenti all’user, suggerire link, catturare nuovi lead ecc..: le potenzialità sono infinite.
Proprio per la molteplicità di attività e obiettivi che potresti raggiungere con l’impiego di un chatbot che nel prossimamente spiegheremo più nel dettaglio:
- Come valutare se sei in grado di gestire un chatbot
- I vantaggi ed obiettivi
- Gli svantaggi a cui potresti andare incontro
Migliorare la customer exprience è sicuramente l’obiettivo dal quale si genereranno vantaggi a catena: miglior navigazione dell’utente, miglior relazione con il brand, più fiducia, più conversioni.